Sappiamo che Narnia divenne colonia latina all’inizio del III sec. a.C., crebbe con la realizzazione della via Flaminia – che doveva passare su una strada già esistente – tanto da avere un suo porto fluviale sul Nera, prosperò dopo essere divenuta municipium, ed ebbe gli onori di dare i natali all’imperatore Marco Cocceio Nerva.
La Narnia romana.
È Livio a narrare lo stratagemma col quale l’inespugnabile oppidum di Nequinum fu presa dai romani nel 299 a.C.
Fu da allora che il centro abitato divenne Narnia, colonia latina posta a controllo dello snodo strategico tra i centri sulla valle tiberina di Ocriculum e Ameria – oggi Otricoli e Amelia – e l’Umbria interna, raggiungibile attraverso quella che diventerà presto la via Flaminia nelle due direzioni:
- quella a nord, verso Carsulae (che sarà resa più agevole con la costruzione del Ponte di Augusto);
- quella verso nord-est verso Interamna – oggi Terni.
La conquista dell’inespugnabile Nequinum.
Secondo quanto tramandato dall’autore latino, l’assedio dell’oppidum da parte delle forze guidate dal console Quinto Appuleio Pansa, durò più di un anno.
Fu solo attraverso il tradimento di due narnesi, che realizzarono un cunicolo nei pressi della loro abitazione posta nei pressi delle mura, che i Romani riuscirono a entrare a Nequinum e conquistarla.
Recenti rinvenimenti di siti protostorici sulle alture intorno a Narni fanno ipotizzare che i romani abbiano conquistato un territorio controllato non da un unico centro abitato ma da una sorta di confederazione di villaggi, dei quali Nequinum rappresentava forse il centro strategico più importante.
Da Nequinum a Narnia.
Tradizione vuole che, per punire gli abitanti e considerando il nome della città di cattivo auspicio – in latino nequeo significa “non posso” – i Romani cambiarono il nome in Narnia, proprio dal fiume Nar che vi scorre sotto.
Il porto sul Nera e il cantiere navale.
Attestato dalle fonti e dai ritrovamenti archeologici è il porto di Narnia – prima di Nequinum – e, soprattutto, il cantiere navale costruito nei pressi dell’odierna Stifone lungo le Gole del Nera.
Fu probabilmente in uso prima della romanizzazione, e si presume vi furono costruite – al riparo dagli attacchi possibili sul Tevere – quelle navi che supportarono Roma nel conflitto contro Cartagine.
È certo che, come riferisce Tacito, il console Gneo Calpurnio Pisone nell’anno 19 d.C. raggiunse la capitale imbarcandosi proprio a Narni.
La costruzione della via Flaminia.
La costruzione della via Flaminia, intorno al 220 a.C., con l’uso in parte di tracciati preesistenti, rappresentò un marcato segno sul territorio, realizzato certamente per fini militari, ma che con il tempo costituì un importantissimo elemento per lo sviluppo economico dell’area.
Purtroppo le tracce archeologiche della fase repubblicana sono poche e si limitano a quanto resta delle mura urbiche e ai pochi reperti mobili oggi conservati nel museo.
Di certo uno dei monumenti di questo periodo è, in Via dell’Arco Romano, quello che oggi è detto arco del Vescovo che doveva essere la porta principale di accesso alla città.
Il municipium di Narnia e l’epoca imperiale.
Divenuta municipio dopo la guerra sociale del 90-88 a.C., fu ascritta alla tribù Papiria e inserita nella Regio VI in età augustea, quando l’opera degli ingegneri dell’imperatore edificarono l’opera più importante di cui oggi si conservano i monumentali resti: il Ponte di Augusto.
In questo periodo il fertile territorio di Narnia fu sfruttato per la costruzione di ville sia rustiche sia per l’otium, come quelle attestate dagli autori antichi, della ricchissima Pompeia Celerina, suocera di Plinio il Giovane.
Tra il 24 e il 33 d.C. venne edificata, sotto la direzione del curator aquae Marco Cocceio Nerva – avo del futuro imperatore, la mirabile opera idraulica dell’Acquedotto della Formina.
Nel 30 d.C. vi nacque Marco Cocceio Nerva, imperatore dal 96 al 98 per adozione da parte di Domiziano: fu l’ultimo di origini italiche tra gli imperatori romani e gli successe Traiano.
Non si hanno notizie in merito agli edifici pubblici: un’ipotesi posizionerebbe l’anfiteatro a valle, nei pressi del ramo della Flaminia che va verso Terni; carte del XVII secolo fanno supporre che il teatro potesse essere disposto dove ora sorge il complesso della Beata Lucia, nei pressi di Piazza Galeotto Marzio.
Non si hanno notizie di luoghi di culto. Unico sito, il cui toponimo è legato a una divinità italico-sabina, è quello della Fonte Feronia, luogo vocato al culto delle acque con strutture primitive del IV-III sec. a.C. poi più volte rimaneggiate. Nonostante le tradizioni orali ponessero sotto la Chiesa di Santa Maria Impensole un tempio dedicato a Bacco, e sotto Santa Maria Maggiore – poi San Domenico e oggi Auditorium Bortolotti – quello dedicato a Minerva, da recenti studi queste ipotesi non sono state confermate.
Secondo Tertulliano, che scrive alla fine del II secolo e si riferisce a un’opera perduta di Terenzio Varrone, a Narnia si venerava il dio indigeno Visidianus (come a Ocriculum la dea Valentia).
Rare anche le aree funerarie che sono state rinvenute principalmente lungo la via Flaminia. L’area sepolcrale più importante, anche per la storia successiva, è di certo quella di fianco le mura lungo la via Flaminia dove venne – secondo tradizione – sepolto San Giovenale morto nel 376 e dove, alcuni anni dopo, venne edificato quel sacello che accolse i vescovi di Narnia e che fu la base su cui fu edificata la Cattedrale di Narni.
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